Zona di produzione:Turkestan orientale. Esemplare con motivo a grata, difficile stabilire se questo motivo tragga spunto dal " collare di nubi " di derivazione cinese. Notevole la bordura principale e quella secondaria che circonda il campo, con il motivo a svastiche.
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Zona di produzione:Turkestan occidentale. Dalle sue dimensioni si può dedurre che era stato creato per essere usato all'interno delle " oy ", come tappeto principale. Il campo e decorato con il tipico gulli-gul ( gul a fiori) e il motivo secondario (a otto fiori) detto Sagdak Colori saturi, splendide lane.
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Zona di produzione: Turkestan occidentale ( emirato di Bukhara ). Campo ad ornamenti floreali, che riprendono il motivo Minah-khani di origine persiana, anche la bordura trae ispirazione dai motivi persiani. Colori saturi.
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Zona di produzione: probabile Turkestan occidentale. L'attribuzione di questo tappeto non è sicura, potrebbe anche essere originario del nord-est della Persia, mentre il motivo principale ricorda i Gul dei tappeti Salor
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I formati e le misure dei tappeti di origine cinese erano sicuramente meno numerosi rispetto a quelli di origine medio orientale. Questi articoli ricoprivano delle piattaforme in mattoni o legno rialzate e riscaldate (kang). Qui vi si svolgevano le attività domestiche durante il giorno, mentre di notte si trasformavano in giacigli.
Le loro misure spaziavano dai 180x300 cm e i 150x240 cm. Rare erano le produzioni di tappeti ovali, creati perlopiù all’inizio del xx sec., e le corsie antiche.
Alcuni formati usati all’interno dei monasteri, chiamati tappeti da colonna, ricoprivano le colonne dei templi e misuravano circa 60x180 cm e 90 x 360 cm. Sempre per uso monastico venivano utilizzati come sedili dei tappeti dalle dimensioni ridotte (80x80,90 x95) e delle corsie decorate con simbologie sacre. Di uso comune erano anche i sottosella annodati. Erano molto rari i tappeti di grandi dimensioni che potevano arrivare a misurare fino a 360x450 cm.
I tappeti Tibetani differiscono da qualsiasi altra produzione non solo per la tecnica di annodatura, ma anche per gli abbinamenti dei colori.
Oltre ad essere complementi di arredo all’interno delle case e delle tende dei nomadi, erano anche fonte d’ispirazione per la meditazione all’interno dei monasteri grazie ai messaggi che tramandavano agli adepti.
Ad ogni formato venivano attribuiti un nome e uno scopo specifico:
I Turkmeni erano delle popolazioni nomadi e seminomadi che abitavano all’interno dei territori del Turkmenistan, Karakalpakistan, Afghanistan e Uzbekistan.
Attraverso i secoli riuscirono a mantenere intatte le loro tradizioni e le caratteristiche gerarchiche all’interno della tribù, nonostante fossero costantemente in guerra tra di loro e con i governi degli stati che li ospitavano.
Contrariamente alla produzione cinese, i Turkmeni crearono una moltitudine di formati diversi e per gli usi più disparati.
Inoltre, dobbiamo prendere in considerazione le sacche che venivano usate per trasportare ogni sorta di generi alimentari e domestici:
Questi sono solo alcuni degli innumerevoli formati offerti dalle produzioni del Turkestan occidentale.
In questa regione, attualmente parte della Cina, la produzione dei tappeti ha origini antichissime.
Osservando attentamente gli esemplari più antichi giunti fino a noi, databili tra la metà del XVIII e l’inizio del XX secolo, possiamo notare l’unicità dei disegni di origine pre-islamica.
I formati dei tappeti del Turkestan orientale erano condizionati dalla particolare forma delle loro case.
La stanza principale era rettangolare e veniva illuminata da un’apertura centrale creata nel soffitto. Quasi tutta la stanza veniva utilizzata per ospitare una piattaforma sopra la quale si svolgevano tutte le faccende domestiche della famiglia ed era ricoperta di tappeti per isolarla ulteriormente dal suolo.
Le dimensioni dei tappeti oscillavano tra i 210 x 110 e i 240x450 cm circa. Dai primi anni del 1900 iniziarono a comparire alcuni formati adattati alle dimensioni delle case occidentali con delle misure che variavano dai 300x240 e 270x360 cm circa.
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